Yucatán, 1957. Si trascinò lentamente sul pavimento circolare, il suo corpo che sfiorava la superficie mentre percorreva un intricato calendario maya scolpito nella roccia: un'enorme ruota composta da anelli concentrici di glifi antichi. Davanti a lui, al centro, si ergeva una statua imponente con la testa di serpente, incorniciata da piume di pietra, con le fauci spalancate e irte di zanne minacciose, pronte a inghiottire gli ignari visitatori. La bocca era abbastanza ampia da permettere a un uomo di strisciare al suo interno. Ma cosa si celava dentro? Doveva saperlo. Se solo fosse riuscito ad arrivarci...
Cercò di accelerare il passo, ma il soffitto premeva come una morsa sulla sua schiena; non poteva nemmeno sollevarsi su un gomito. La stanza era progettata in modo che il suo abitante si muovesse strisciando come un serpente, forse a imitazione di Quetzalcoatl, il dio maya del vento e del serpente piumato.
L'uomo, tuttavia, non indossava piume né abiti rituali: solo alcuni vecchi pantaloni kaki, una giacca di pelle sdrucita e un malconcio cappello di feltro marrone.
"Indiana!?" L'urlo improvviso risuonò dalle scale alle sue spalle, interrompendo il silenzio inquietante della stanza.